DEMENZA PRECOCE : TRA GLI INDIZIATI C’E’ L’ABUSO DI ALCOL
Uno studio retrospettivo comparso recentemente su Lancet Public Health a firma Michael Schwarzinger et al. del Translational Health Economics Network (THEN) di Parigi è giunto alla conclusione che i forti bevitori sono a rischio per tutti i tipi di demenza ed in particolare per quella ad esordio precoce .
Sono stati presi in esame i database francesi di dimissioni ospedaliere in soggetti con oltre 20 a. d’età relativi al periodo 2008-2013 escludendo tutti quelli con malattie in grado di dare demenza o disturbi mentali .
I pazienti oggetto dello studio sono stati 31,6 milioni ; di questi 1,1 milione ha avuto una diagnosi di demenza. L’analisi statistica ha evidenziato un’età media di comparsa di demenza a 82 a. per gli uomini e a 85 a. per le donne. Il 5% del campione totale pari a 57353 soggetti era affetto da demenza ad esordio precoce .
In questo gruppo di pazienti con demenza precoce il 39% mostrava i segni di una demenza alcol correlata e il 18% aveva una diagnosi aggiuntiva di disturbi da abuso di alcol .
Attenzione quindi : un uso molto moderato di vino può dare anche piccoli possibili benefici sulla salute cognitiva ( stimola il sistema glinfatico ) , ma un consumo smodato e continuo di alcolici e superalcolici avvia a danni cerebrali ( inibisce il sistema glinfatico ).
Il sistema glinfatico, di cui si parla solo da pochi anni , è quello che permette la pulizia del cervello dai detriti cellulari ed è stato così chiamato per analogia del sistema linfatico .
Solo recentemente ad opera di un gruppo di studio di Copenaghen si è capito che il sistema glinfatico è più attivo durante il sonno e a questo proposito è sorta una delle ipotesi più recenti sulla funzione del sonno : ripulire il cervello dai detriti.
L’alcol , in uno studio danese-cino-americano , è in grado d’incentivare l’attività del sistema glinfatico quando si assumono piccole dosi , ma la inibisce quando se ne assumono di elevate . Mancherebbe quindi la funzione del sistema spazzino e i detriti accumulatisi nel cervello favorirebbero quadri demenziali anche ad un’età non avanzata .
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